In caso di separazione, di coppie coniugate e non, e non vi è accordo sull’affidamento dei figli il Tribunale è chiamato a stabilire sia l’affidamento sia la collocazione dei minori.
Secondo il codice civile il giudice deve stabilire tempi e modi della presenza dei figli minori presso ciascun genitore.
Si tratta di una norma elastica, atteso che non esistono soluzioni preconfezionate.
L’affidamento condiviso, ai fini della sua attuazione, non impone e non prevede una matematica suddivisione dei tempi di permanenza del minore con ognuno dei genitori.
I genitori si possono mettere d’accordo in modo libero per la collocazione e il diritto di visita dei figli.
Normalmente la soluzione in assoluto più adottata prevede che il figlio o i figli minori risiedano in prevalenza presso l’abitazione del genitore ritenuto più idoneo, che viene chiamato genitore “collocatario“.
Si può avere un affidamento condiviso del minore e, contemporaneamente, la sua collocazione prevalente e la residenza presso uno dei genitori.
Il collocamento prevalente è quello che garantisce nel migliore dei modi l’interesse esclusivo del minore perché il continuo e periodico cambiamento della collocazione e della gestione del quotidiano provoca nello stesso la perdita di punti di appoggio stabili.
La Suprema Corte di Cassazione recentemente ha ribadito che affido condiviso non significa pari tempo con i genitori.
E’ infatti regola di buon senso stabilire che il minore abbia la sua residenza abituale e principale presso il genitore collocatario, di solito la madre, garantendo all’altro genitore il diritto di mantenere solidi legami con loro.
In tale prospettiva non si può pretendere che i genitori possano davvero “spartirsi” il tempo da trascorrere con i figli al 50%.
Si devono considerare la scuola, le ore dedicate allo studio, le attività ludiche ed extrascolastiche che hanno la priorità, essendo finalizzate alla crescita ed allo sviluppo psicofisico del bambino.
Dunque si può affermare che l’affido condiviso non equivale all’affido paritario, nel senso che non ci deve essere una ripartizione di tempi perfettamente uguale con entrambi i genitori.
Il giudice può stabilire un regime secondo il quale il figlio resta con il genitore collocatario per un tempo superiore rispetto all’altro, senza violare i principi dell’affido condiviso, che non presuppone tempi uguali o simili di permanenza del figlio con entrambi i genitori.
La giurisprudenza si è fatta portavoce di tali assunti ed anche di recente, con una ordinanza (Cass. ord. n. 24937/2019), la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che affido condiviso non significa trascorrere lo stesso tempo con entrambi i genitori.
Ciò che indubbiamente il Tribunale deve regolamentare è la previsione di uno specifico regime di visita per il genitore non collocatario, sempre nel rispetto dell’esclusivo interesse del minore.
“La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore” (Cass. n. 22219/2018, n. 18131/2013).
Ed ancora “attiene al potere del giudice di merito stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita, che non sono sindacabili nelle loro specifiche articolazioni nel giudizio di legittimità, ove è possibile sollevare censure, laddove lo stesso, si sia ispirato, nel disciplinare le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, a criteri diversi da quello fondamentale dell’esclusivo interesse del minore”.
Non esistono giorni prestabiliti e predefiniti nei quali il figlio debba stare con il padre o con la madre, e se non c’è accordo tra i due, è il giudice a definirli secondo l’interesse e l’età del bambino, i suoi impegni scolastici e non.
Al padre, di solito, viene assegnata la possibilità di vedere il figlio dalle due alle tre volte alla settimana, con weekend e festività alternate.
Il genitore collocatario viene individuato in seguito a un giudizio rivolto a valutare l’interesse morale e materiale dei figli, in relazione all’età del bambino, alle capacità dei genitori di crescere ed educare la prole nella situazione determinata dalla crisi del legame coniugale, tenendo conto, sulla base di elementi concreti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, oltre alla personalità di ogni genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare nel quale il minore dovrà essere collocato.
Attraverso il collocamento si stabilisce il calendario di visita, ovvero tempi e modi di frequentazione dei figli minori da parte del genitore non collocatario, al fine di garantire rapporti equilibrati e costanti con entrambi i genitori.
Ovviamente non si potrà stabilire un obbligo di frequentazione quotidiano, che potrebbe destabilizzare in modo fisico e psichico il minore, oltre alle conseguenze che avrebbe sul suo studio.
Si segnala, in relazione alle frequentazioni e ai tempi di permanenza del minore di tenera età con il genitore non collocatario, una nota decisione della Suprema Corte che ha individuato nel compimento dei quattro anni una sorta di via di mezzo, ai fini di determinare la tempistica, precisando che prima di quell’età i periodi di permanenza possano essere limitati a causa anche delle abitudini di vita del minore, ed essere ampliati dopo il compimento dei quattro anni (Cass. Sent. n. 273/2014).
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